Ricerca nel blog

martedì 31 ottobre 2017

Il Viale dei Cipressi

Che cosa resta, se togli le parole a un dialogo? Esattamente quel che resta se togli le curve a una Strada da Moto. L'estrema sintesi.
Difficile pensarla come una Strada da Moto eppure è l'essenza delle Strade da Moto.
L'estrema sintesi, appunto.

La SP16D di San Guido, nota come il Viale dei Cipressi, taglia la Maremma, dall'Oratorio di San Guido, a ovest, a Bolgheri, a est, senza nemmeno una curva, senza fronzoli.
Un taglio netto.

Cinque chilometri di rettilineo tra due filari di cipressi, circa 2400 alberi tutti simili e tutti diversi, a scandire il tempo che scorre, passandoci in mezzo, come si passa attraverso la vita.
Una strada movimentata verticalmente dai continui sali scendi, che è stata cantata dal Carducci ma che pare progettata per una copertina del capolavoro di Kerouac.
Giosuè Carducci
Jack Kerouac
In due giorni l'ho percorsa più di una decina di volte, avanti e indietro, lentamente e velocemente, all'alba, al tramonto, di giorno e di notte e sempre mi sono sentito proiettato in un'altra realtà o un'altra dimensione.
L'ultimo quadro, quello che mi è rimasto, è il più surreale, con Sal e Giosuè che parlano tra loro, a volte placidamente, a momenti con più veemenza, coinvolti, attenti ognuno all'opinione dell'altro.

Surreale, metafisico.

Io ho capito poco ma qualche passaggio di un dialogo mi gira in testa:

- ...e so legger di greco e di latino, e scrivo e scrivo, e ho molte altre virtù: non son più, cipressetti, un birichino, e sassi in specie non ne tiro più.

- Cazzo, amico, so benissimo che non sei venuto da me solo perché vuoi fare lo scrittore, e d’altra parte che ne so io della scrittura, se non che bisogna darci dentro con l’energia di un anfetaminico?

mercoledì 18 ottobre 2017

Non è mai uguale

L'aria è tiepida e la luce è buona, vedo abbastanza bene tutt'intorno ma anche se conosco già il luogo e la scena, non so che cosa aspettarmi: l'ho vissuta molte altre volte, e non è mai uguale.

Mille emozioni si accavallano mentre chiedo a me stesso sempre di più e quando la sensazione di non farcela è ormai certezza, un attimo dopo aver sentito il limite passare, solo allora mi accorgo del sudore freddo che bagna la mia schiena, e che è già tutto finito.
L'ho fatto e per un attimo tocco ancora la realtà con stupore ma è un breve momento.

I suoni riaffiorano mentre i colori troppo carichi sbiadiscono; l'orizzonte si piega e la temperatura pare cambiare improvvisamente proprio quando, all'angolo del percettibile, vedo quel che non so e l'affronto, sfacciato e terrorizzato. E vinco, anche questa volta.

Ricordo a me stesso che non potrò vincere sempre, allora la mia presa si fa più morbida, smetto di lottare, mi rilasso e mi distraggo, fingo che sia tutto normale, che sia giusto così, anche se so che non c'è nulla di normale e poco di giusto.

I miei sensi approfittano della calma apparente e in un solo momento mi rendo conto di essere in mezzo alla bellezza.
E di essere bello anch'io.

Apparenze che cambiano continuamente, colori che tornano,  suoni e rumori che si fanno musica, nenia aritmica e armoniosa, ma tutti alterati, i suoni e i colori. È un mondo che esiste solo dentro ai miei occhi, nelle mie orecchie, nella mia testa, e io lo so! Ma non posso fare a meno di tutto questo: devo venire proprio qui, ovunque sia, ogni volta che posso. Devo viverlo, sentire il respiro che manca, la solitudine e il vento.

Così ricomincia la sfida, mi riavvicino al limite, sento di nuovo la paura e, non in sequenza, la pace l'amore la cattiveria la protervia la gratitudine, la bellezza. L'incanto.
Sento la necessità di scomporre tutte le sensazioni e di sintetizzarle, per portarne l'essenza con me.

Allora mi fermo, mi siedo sul muretto e fisso l'orizzonte senza nemmeno togliermi il casco, per paura che qualche cosa possa uscire e sfuggirmi.

domenica 8 ottobre 2017

Appunti di viaggio. Un bel viaggio.

Alle 7 del mattino, quando mi alzo, una luce rossastra entra dalle finestre. Il cielo è cosparso di piccole nuvole rosa che, senza dubbio, sanno già di essere lì giusto per il tempo di dimostrare che i proverbi a volte ci azzeccano, a volte no: quella che si sta affacciando è una delle più belle giornate autunnali che io ricordi!
Tutto è pronto da ieri sera: mutande, calze, sottopantaloni termici, maglia termica, t-shirt, altra maglia, maglione, pantaloni e giacca in cordura, baclava, stivali, guanti estivi e invernali, casco.

Colle della MaddalenaAlle otto parto: la temperatura è già gradevole: 15°.
Non ho messo il maglione e sto bene.
Dopo Demonte la temperatura scende sempre più velocemente, per risalire un po' in cima al colle, al sole: 6°.

Metto il maglione. Meno male, perché dal lato francese si è nuovamente in ombra e a Jausiers si scende a 2 gradi, che mi porto fino a Barcelonnette, dove non riesco a rinunciare a un cappuccino che non è altro che l'alibi di un croissant.
Non ho patito il freddo se non un po' alle punte delle dita ma, da qui in poi, sarò al sole, il sole del sud, che mi coccolerà tutto il giorno.

Ripercorro strade già percorse molte volte per raggiungere posti mai visti: Gorges de la Méouge, Col de l'Homme Mort, Mont Ventoux, Gorges de la Nesque, per poi riapprodare a Monieux e raggiungere l'auberge che ho prenotato.

Fin dalla partenza, nessun tratto di strada può essere considerato di spostamento, di congiunzione tra Strade da Moto: è tutto un unico itinerario, un itinerario unico.
Peccato che a un certo punto siano apparsi cartelli gialli con scritto non "Addio Bocca di Rosa con te se ne parte la primavera" bensì un più definitivo "Route barre à trois kilomètres", "à deux kilomètres", "à un kilomètre"...

Infine trovo un gruppo di motard francesi di fronte all'ineluttabile: altri cartelli gialli e dissuasori. Mi fermo, mi salutano e io mi rivolgo a loro con il mio francese fluente:

- Nè pà posibl d'avansè?

Incredibilmente mi capiscono e mi rispondono:

- No, c'est barrè.

Questo l'avevo capito.
Guardo il cantiere, dove non ci sono operai al lavoro ma solo macchinari sparsi e un fondo di terra e pietre, e (da italiano) ripeto:

- Oui mee... nè pà posibl d'avansè?

Uno analizza la mia moto e le gomme e, a conferma della bontà del mio francese, mi dice:

- No, it's too hard, and dangerous, the route is very bad!

Allora chiedo:

- How long is the yard?

Nessuno lo sa.
L'anglofono s'allontana. Allora, insistendo col francese, chiedo:

- Un otr rut pur Mon Ventus?

Una risata generale suona come un "benvenuto nel club", infatti uno mi spiega che, con me, siamo in nove diretti a Mont Ventoux.
Guardo il cantiere... è brutto ma tornare indietro è più brutto.
Ci penso un attimo, poi annuncio:

- Je và.

Accendo la moto abbasso la mentoniera del casco come un guerriero, m'infilo tra due dissuasori e in un attimo mi trovo a galleggiare sculettando tra pietre e terra appena smosse, a scegliere e rettificare ad ogni istante una rotta possibile in un mare molto mosso di terra molle, sabbiosa.

Non fermarti non fermarti non fermarti... non fermarti.

Dura poche ma interminabili centinaia di metri, poi il fondo si fa più compatto, più guidabile, finché si trasforma in una normale strada bianca chiusa alla fine da un caterpillar di traverso, che impedisce l'avanzata.
I fossi definiscono i margini della strada ma un passaggio a sinistra permette di accedere al campo, poi, da lì, è una passeggiata.

Rientrato sulla strada principale mi fermo un momento a fare alcune cose:
  • prendere fiato;
  • compiacermi;
  • fare una foto al cartello del cantiere;
  • realizzare che è stato molto divertente...
...quando sento, proprio dal cantiere, un rumore cupo, profondo, che man mano si schiarisce. Dopo poco appare un GS, uno di noi nove. Gli faccio segno di buttarsi a sinistra, nel campo: salvo!

Quando arriva vicino a me, mi dice che dove ci sono gli altri il telefono non prende, e non sa come avvisarli del fatto che la "traversata" sia fattibile; gli rispondo che anche dove siamo noi non prende e che così come lui è partito perché non mi ha visto tornare, loro faranno lo stesso con lui.

Ci guardiamo con l'intesa di due gladiatori vittoriosi e ci diamo appuntamento a Mont Ventoux, un appuntamento virtuale, senza orario e senza obbligo di presenza.

Procedo veloce (si fa per dire) fino ad imboccare le Gorges de la Méouge con il sole non ancora alto ma che già fa risplendere i colori autunnali: verdi, gialli, ocre, rossi, terre... colori che fanno dimenticare lo spettacolo estivo che da queste parti tinge molti campi di viola.

Mi accorgo che le gorge terminano perché inizia un colle dal nome non proprio bene augurante: il Col de l'Homme Mort.

Si presenta subito come una bellissima Strada da Moto. Così, con gli occhi e il cuore pieni di gioia, scalo una marcia per aggredire un tornante e il rumore secco, che sento attraverso il guanto sinistro, unito al fatto che la leva della frizione non torna su, mi fanno capire in un momento che a montarle male il cavo, la frizione si vendica, e te lo strappa. Colpa mia.

Non mi fermo. Non mi posso fermare. Procedo come se niente fosse, cambiando un po' meno e usando l'orecchio invece della leva ormai inerte. Spero di trovare un'officina, un meccanico, ma il tempo passa inesorabile e dopo un'ora, poco dopo mezzogiorno, superato il colle, vedo un gruppo di operai di fronte a un capannone: riesco a invertire la marcia e vado a fermarmi di fronte a loro.

Capiscono subito il mio problema e dopo un secondo hanno già tirato fuori la cassetta degli attrezzi. Non abbiamo un altro cavo, quindi ne recuperiamo quel che resta ma è troppo corto: lo montiamo così com'è la frizione non stacca mai. Lo smontiamo e decidiamo di togliere uno spessore del regolatore dal lato del manubrio: ora stacca ma... slitta molto. Allora smontiamo nuovamente tutto e togliamo la levetta, lato motore, e la inseriamo rivolta un po' più in avanti. Rimontiamo: perfetto!

Mi fanno entrare nel capannone per lavarmi le mani e vedo che stavano preparando pranzo. Sono cordialissimi, gentilissimi: c'è mancato poco che mi chiedessero di fermarmi con loro e, forse, avrei accettato. Amavo la Francia, ora amo anche i francesi.

Riparto provando un misto di sentimenti tra i quali spiccano gioia, orgoglio e riconoscenza. Mont Ventoux è ormai vicino, dall'altra parte della valle.
Pochi km e inizia la salita e più si sale, più aumentano i ciclisti.
Scopro che c'è una tre giorni ciclistica, sul Mont Ventoux. Quelli che salgono, con me, sono man mano sempre più lenti, sudati, sfatti, mentre quelli che scendono, velocissimi, sono sempre più pericolosi.

A due o tre chilometri dalla cima devo fermarmi: come volevasi dimostrare, si sono scontrati frontalmente. Uno saliva e, con ogni probabilità, lo faceva zigzagando per mitigare la pendenza, l'altro scendeva, sicuramente come un razzo, come ne ho schivati diversi. In mezzo a due curve si sono scontrati.

Quando sono arrivato c'era già l'ambulanza della manifestazione ciclistica e uno lo stavano rianimando. Entrambi avevano la faccia gonfia ma senza escoriazioni, come se avessero sbattuto tra loro proprio le loro facce.
Quello più mal messo ha ripreso a respirare e iniziato a lamentarsi. In quel momento hanno fatto passare le moto.

Riparto per arrivare in cima, fermarmi e godermi l'estasi.

Decine e decine di ciclisti, quasi tutti giovani, colorano con le loro magliette sgargianti un ambiente altrimenti brullo, quasi privo di segni di vita, che si affaccia, però, su un autunno quanto mai colorato nel sud della Francia.

E laggiù, lontano lontano, sembra di vedere il mare.

È l'una e mezza e io ho fame. Il bar, che fa solo crepes, è preso d'assalto dai ciclisti della manifestazione, così decido di proseguire e, poco più in basso, trovo un altro bar, dove mi servono quello che mi pare il panino più buono del mondo! Ma a quell'ora sarà stata la fame.

Comunque: per panino e birra piccola (0,25, praticamente un insulto!) mi chiedono 9 euro e mezzo, il che ridimensiona leggermente il mio amore per i francesi che era cresciuto poco prima.

Riparto in discesa, una discesa entusiasmante che mi riporta a valle, dove mi ritrovo sull'ennesima Strada da Moto, tra pini marittimi e siepi, verso le Gorges de la Nesque, che non tardano ad incantarmi. Mi fermo dove una terrazza, con parcheggio, ha raccolto alcuni motociclisti e ciclisti. Poco dopo arriverà anche un gruppo di auto dai colori e rumori da rally, ma si tratta solo di un gruppetto di rumorosi tuners.

La vista sulla gola, con il Mont Ventoux sullo sfondo, è magnifica.


Pochi km mi separano dall'auberge, B&B, agriturismo o... non saprei come chiamarlo.

Ora che ci sono arrivato posso dire che pare una tranquilla fazenda sudamericana, con tanto di cavalli, un lama e uno splendido gestore con pizzetto bianco molto gentile e tranquillo, che mi ricorda uno dei placidi amici di Speedy Gonzales.

Mi rifugio in camera o, meglio, nella piccola suite che ha riservato per me solo, per 50 euro colazione inclusa, dove ho a disposizione ben cinque posti letto e sorrido sotto la doccia mentre penso che cercherò di farmeli bastare.

Non ho voglia di cercare un ristorante, così resto alla fazenda, dove mi ritrovo ad un tavolo da otto: io, l'amico di Speedy Gonzales, che si chiama Yves, il simpaticissimo Luigi, nato italiano a Tunisi e naturalizzato francese, con la sua moglie russa, di cui non ricordo il nome, Maurice, con la moglie Anne e Cirì (così ho capito ma forse è diverso) con la moglie Nicole. Una bella tavolata di anziani che, in fin dei conti, si è rivelata piacevole e divertente.

Ora sono nel primo dei miei cinque letti e... beh... pensiamoci domani, buona notte.


domenica 1 ottobre 2017

Le foto del primo meeting di Strade da Moto

È stato faticoso ma che bella soddisfazione è stata passare qualche ora insieme a tutti voi! Spero proprio che sia lo stesso per voi e che sia valso almeno il viaggio, che per alcuni è stato proprio lungo.

Sono ancora emozionato, così non posso scrivere del meeting, lo faccio con le immagini, le foto che ha fatto Massimo. Grazie Max.

Ho messo tutto, quelle belle e quelle così così, fatte bene o mosse... scaricatele liberamente!
Se ne avete, inviatemele che le aggiungo!

Si inizia il Sabato sera, Con Rosa, Massimo, Roz, Roberto e Luca




Domenica mattina, gli ultimi preparativi




Tutto pronto, anche il desk per il check-in




I primi apertitivi offerti da Galfrè Moto




Arrivano i Piacentini!




E, alla spicciolata, gli altri.









Lo sponsor principale si è rivelato un ottimo partner. Grazie!


L'attesa del gruppo ligure-piemontese del Classic Bike Italia si fa attendere...


Eccoli che arrivano: il Tom-Tom (o piuttosto l'Enrico-Enrico) ha fatto le bizze e li ha fatti passare su 30 km di una bella strada sterrata.
Fortunatamente si tratta di grandi professionisti, quindi... nessun problema.







Intanto la nebbia non ci ha lasciato. Ci ha protetto dalle scottature!


È l'ora, ci siamo tutti: A TAVOLAAAA!!! 












Un momento per un saluto ai grandi assenti: Matteo, Carlo e Cinzia.


Ma la commozione passa subito! :D









La piccola marea verde (e non si tratta né di mucillagine né di un raduno politico) è un gran bel vedere!










Ancora un saluto agli assenti.









Rosa, Roz e Massimo: miei più validi assistenti (senza di loro... il nulla!)









...e iniziamo con le premiazioni: Luca, 3° classificato
(Un bel paio di scarpe da moto anfibie offerto da Galfrè moto)





Un ringraziamento a Massimo per la sua rubrica.






Un buon pranzo, non c'è che dire.







Luciano non è ancora convinto del percorso fatto per arrivare...


















Diego, premiato per i like alle sue moto. 










Elvira, Lady Biker DOC

  


Enrico (Indiscusso "Guida della Montagna 2017") 2° classificato
(Un magnifico paio di pantaloni da moto PMJ, sempre offerto da Galfrè Moto)









Un ringraziamento a Michele, per le sua Classiche.
Michele non c'è, è rappresentato da Felice.






E festeggiamo anche il compleanno di Luca, con i baci di sua moglie
(e chi fa battute lo sbatto fuori!)








Massimo prova la funzione "Ritratto Intelligente" ma, con Roberto, il risultato è quel che è.
:D












Enrico e Patrizia stuzzicano il lato romantico di Massimo che decide di fare un servizio fotografico (Enrico, poi Max ti manda la fattura)





E ora, il 1° classificato: Roberto!!!
(Mancava solo Sofia Loren) 



 




Quando vede di che cosa si tratta, anche Roberto resta senza parole:
una coppia di interfono driver-passeggero o moto-moto con portata fino a un km.
Grazie ancora Galfrè Moto.






Elena pare soddisfatta e ha ottime ragioni per esserlo: insieme ad Alessia e a tutto lo staff di Galfrè moto hanno messo insieme dei premi fa-vo-lo-si.





Comunque, Massimo, basta, abbiamo capito! Grazie neh?! 













La giornata è passata in allegria, è andato tutto bene, sono nate nuove amicizie e il meteo non è riuscito a rovinarci la festa.

Pian piano ci si riveste, ci si saluta e ci si da appuntamento per l'anno prossimo.
In Toscana.













Un ringraziamento molto sentito, infine, a Stefano Milano, padrone di casa perfetto!

GRAZIE A TUTTI