A me pare che le estati siano tutte calde, non ci faccio nemmeno più caso però quando, come questa mattina, mi alzo col primo freddo e la pioggia, il mio pensiero è tutti gli anni lo stesso: finalmente un giro al fresco. Con questo pensiero, un’inspiegabile attrazione verso il Monviso mi ha colto, così ho messo su l’antipioggia e sono partito.
Al freddo e nella pioggia rallento, ho più tempo per me e, a parità di chilometri, il viaggio è molto più lungo, molto più profondo.
Dalla pioggerellina fine sono passato alla nebbia, entrando nella pancia della nuvola che copriva la valle Po, andando ancora più lento, immergendomi ancora più nel profondo dei miei pensieri, con la strada che scorreva ovattata e le orecchie che, a ogni tornante, si tappavano sempre di più, chiudendomi in una bolla dove esistevo solo io, con la mia moto e nei miei pensieri.
Un altro lampo, più lungo, direi un bagliore. Poi un altro e un altro ancora: mi sono chiesto se stessi arrivando sopra le nuvole. Invece in un minuto le nuvole si sono aperte, ho deglutito e uno scatto secco, seguito dal rumore del motore, mi ha annunciato che le mie orecchie si erano stappate.
Mi sono fermato al Pian del Re e ho scambiato un lungo sguardo proprio con lui, il Re, spettinato dalle nuvole che ormai si sfilacciavano nel vento e l'ho visto chiaramente sorridere. Ho fatto altrettanto prima di guardare a terra, poi l'ho salutato con due dita della mano sinistra, ho rimesso in moto e mi sono avviato, giù sulla strada ormai asciutta e con la mente serena come solo un giro in moto la sa rasserenare.