È stata un'occasione per incontrarci tra motociclisti, tra amici, ma soprattutto avrebbe potuto essere un'opportunità per festeggiare il rientro di un campione da una delle sue tante imprese. Ci tenevo ad esserci, anche perché volevo scriverne, raccontare di Nicola Dutto, della sua Dakar, intesa proprio come gara, non di quella sua personale che sta correndo, e vincendo, dal 2010.
Invece no. Purtroppo no.
È successo che l'organizzazione dell'evento è caduta nel più evidente ma infido dei tranelli che si presentano in questi casi, incentrando la serata sulla Dakar personale di Nicola, sulla sua disabilità, non sulla sua grandezza di sportivo.
No.
Nicola, indipendentemente dal suo incidente, era, è e rimane un campione in moto, uno che corre perché lo sa fare bene, che alle gare partecipa sempre per vincere, proprio come tutti gli altri campioni.
Certo, la sua storia è particolare e l'aver superato una disabilità così importante aggiunge un valore immenso alla persona ma non ne fa un invalido che corre in moto, anzi, ne fa un campione ancora più grande e aver passato la serata a parlare di argomenti che non portano ad altro che alla commiserazione, dall'incidente all'esclusione all'ultima gara, omettendo completamente la storia sportiva di Nicola, è quanto di peggio si potesse fargli.
Nicola, uscendo ti ho stretto la mano e sul momento non ho avuto le parole per dirti che noi, motociclisti, vediamo in te un esempio di motociclista, e non quante gambe hai o come ci convivi. A noi interessa come superi il fango, come galleggi sul fetch-fetch, come imposti le curve, come cadi e come vinci.
Continua a farlo per te. Continua a farlo per noi.
Io ti ripeto l'unica parola che ti ho detto ieri sera: grazie.
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