In questo periodo di fermo forzato, proprio quando è più bello per me girare in moto e durante un meteo quasi estivo, un post di Paolo nel gruppo Facebook mi ha fatto prima pensare e poi venire voglia di condividere con voi il mio pensiero.
Leggiamolo insieme:
Ovviamente è un post provocatorio, la proposta di utilizzare la parola zavorra anziché zavorrina non è reale ma è utilizzata per sottolineare l'ipocrisia che Paolo ravvisa nell'utilizzo del termine.
In effetti il termine zavorrina non mi è mai piaciuto tanto e, anche senza averci mai pensato su, l'ho sempre trovato leggermente offensivo, però utilizzato in un gergo corporativo pare che possa perdere la sua connotazione negativa (la zavorra è un appesantimento che rivela la sua utilità proprio nel momento in cui ce ne si libera) per acquisirne una più affettuosa. Bene, nulla di più sbagliato e provo a spiegarne qui le mie ragioni.
È ben vero che termini negativi possono essere addolciti dal diminutivo e utilizzati come vezzeggiativo ma, fateci caso, questo è vero sempre e solo nell'intimità. In pubblico il diminutivo sortisce l'effetto di sminuire ancora di più il destinatario dell'appellativo che diventa apprezzamento, giudizio. Esempi? Anche se ormai ventenne, io chiamo ancora mio figlio nanetto, ma solo quando siamo in ambito famigliare, non mi permetterei mai e poi mai di farlo in pubblico. Quanti sono stati chiamati nell'intimità, dal proprio partner (compagno o compagna) con nomi irripetibili in pubblico?
Sono vezzeggiativi che vezzeggiano, sì, ma solo in privato.
Zavorrina, in quanto parola convenzionale, mi ricorda altre situazioni, ad esempio spina. Ricordate la naja? Ecco, per chi fosse troppo giovane, in caserma si chiamava spina la recluta o comunque chi aveva meno anzianità di servizio. Anche in questo caso un termine di per sé non offensivo, è utilizzato in un contesto corporativo e riconosciuto, per convenzione, come distintivo di persona con determinate caratteristiche: meno esperta e quindi da formare, anche con soprusi e angherie.
Infine, spiego la ragione per me più importante di tutte per cui non mi piace il termine con una domanda: perché non esiste zavorrino? O, comunque, perché non si usa mai il termine per indicare un passeggero maschio?
Quando sono stato portato in moto da qualche amico o amica, mi è sempre stata riservata la dignità di passeggero. Perché sono maschio.
Il termine zavorrina, quindi, indica sì un passeggero ma di sesso femminile e seguendo alcuni commenti al post di Paolo (fortunatamente pochi), si può capire come per qualcuno ciò sia un disvalore:
Prima si cerca di nascondere la propria condizione, tipo io non sono razzista ma..., poi si confessa candidamente il proprio pensiero ...se non venisse sarebbe meglio.
Non credo ci sia bisogno di commentare, al limite si può notare quante interazioni positive, nel suo piccolo, abbia raccolto in una sola ora.
Noi motociclisti siamo gente che vive all'aperto, con meno comfort di altri viaggiatori, abituati al troppo freddo e al troppo caldo, a fermarci a mangiare quel che capita e a dormire dove si trova una cuccia... siamo dei moderni cow boy, così spesso siamo ritenuti anche un po' rudi e ciò a molti di noi piace. Ma facciamo sempre attenzione a mantenere separato il livello di rudezza da quello di educazione e rispetto.
Hai ragione, Paolo, non userò più il termine. Al suo posto andrà benissimo qualsiasi termine che utilizzerei per un amico, coniugato al femminile, oppure un termine che identifichi la persona trasportata per quello che è: compagna, moglie, amica...
Sono d'accordo al 100%
RispondiEliminaBellissima disquisizione, certamente condivisibile ma la mia amata moglie e compagna di vita, quando salirà dietro sarà sempre la mia “zavorrina” (naturalmente e rigorosamente solo in privato 😉)
RispondiEliminaD'accordo. È un termine infelice e inutile
RispondiEliminaSono sempre stato contrario al termine zavorrina. Chi sta dietro al pilota è pilota anch'esso. Partecipa alla guida ed è parte integrante.
RispondiEliminaDirò di più: spesso è la parte "pensante", quella che, a colpi nelle reni, riesce a calmierare la velocità e (a volte) la stupidità del primo pilota (parlo per me!). 😉
EliminaIo sono una motociclista e non mi sembra vero di aver finalmente trovato un simile dibattito. Sono una lupa solitaria forzata. Non mi è mai piaciuto il comportamento dei motociclisti nei confronti delle donne che fanno parte di questo mondo,che siano esse piloti o passeggere. Ho smesso di andare ai motoraduni perché comunque la finivo sempre lontano da tutti gli altri infastidita dai comportamenti. Primo: appena ti vedono con un casco in mano non ti chiedono mai che moto hai ma "Sei la zavorrina di?!". Se ti vedono scendere dalla tua moto e allora con l'aiuto dell'immagine capiscono che sei una pilota,si verifica all'istante un picco di testosterone e da quel momento in poi il loro obbiettivo diventa capire se sei trombabile o no. Se appartieni alla seconda categoria e magari sei anche di bell'aspetto,allora o diventi una che "se la tira" o,seconda possibilità,per tutto il motoraduno avrai dietro un gruppetto di assatanati molesti che avranno come unico obbiettivo farti passare nella prima categoria per sfinimento. Mai che nessuno voglia parlare con te di moto o di meccanica. Per fortuna la vera gioia dell'essere motociclista te la dà l'unione con la tua moto,che tu abbia o non abbia compagnia. Ho anche l'ulteriore fortuna di abitare in un'isola meravigliosa con panorami mozzafiato che sembrano dipinti appositamente per gustarli facendo giri in moto e la felicità mi gonfia il cuore anche da lupa solitaria. Ultimo dettaglio,ma non meno importante,trovo utile sottolineare che il termine "zavorrina" viene utilizzato solo ed esclusivamente in Italia...eh,tanta strada ancora da fare dal pollice opponibile!
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