Poi è successo quel che è successo alla nostra amica Elvira ed è saltato tutto, ho dovuto combattere con me stesso per non scrivere subito di lei ma sapevo che dal mio stato d'animo ne sarebbe uscito un pezzo triste, che non l'avrebbe in alcun modo rappresentata.
Infine, elaborato in qualche modo l'accaduto, eccomi qui a partire proprio dalla sua figura per tratteggiare quello che è il motociclista, per me.
Amava il mare e sapeva farsi portare dal vento in barca come in moto.
Amava essere parte attiva del gruppo e, al tempo stesso, essere indipendente.
Parafrasando Battisti, si potrebbe scrivere che "con una fascetta in mano faceva miracoli".
Infine, amava la sua moto ma dopo tanti discorsi fatti insieme, dopo qualche centinaio di km davanti a una birra o a un bicchier di vino, posso dire che quella era l'ultima delle sue preoccupazioni. Prima veniva quanto elencato sopra.
Così come Elvira, un motociclista ama la sua libertà e ama anche condividerla con gli altri; come ho scritto in un altro post, uscire insieme ad altri spesso significa rinunciare a molto. Io amo uscire da solo ma, non saprei spiegarne il motivo, uscire con lei era anche meglio: il suo atteggiamento non ti metteva solo a tuo agio sempre ma ti predisponeva ad essere altrettanto ben disposto a rinunciare a qualcosa per il bene comune.
No, con lei non mi sono mai trovato a dover tollerare qualcosa né, credo, a dover essere tollerato: la tolleranza è un atteggiamento negativo, che viene sempre al seguito dell'insofferenza. È per questo che il motociclista non tollera: accetta o non accetta, senza insofferenza ma con positività.
Il motociclista ama, sì, la propria moto ma più in generale ama la moto. Anche la tua, anche se non ha gli stessi cavalli, la stessa forma, lo stesso stile e (qui mi rendo conto che qualcuno chiuderà questa pagina) perfino se è uno scooter di plastica, con 30 cavalli e senza le marce. Perché la moto non è il ferro ma un atteggiamento, un modo di intendere la vita.
Ecco il motociclista è un po' come Elvira.