Ricerca nel blog

domenica 2 febbraio 2025

Motociclisti: prove di comunità

In questo post non farò nessun nome, né di persone né di organizzazioni, perché non voglio correre il rischio di fare torto a qualcuno, magari citando qualcun altro.

In diversi paesi europei (ma non solo) i motociclisti si organizzano in strutture, più o meno politicizzate, più o meno grandi, a volte persino religiose e, magari, non sempre presentabilissime. Tutte queste, tra i loro scopi primari hanno la diffusione della cultura motociclistica, volta a ottenere miglioramenti della loro condizione nella società in cui si trovano a... viaggiare.

In Italia, invece, i motociclisti si organizzano in Associazioni Sportive Dilettantistiche.

Ecco. Il post potrebbe finire qui ma voglio parlarvi di ciò che vedo succedere intorno a me, dalla mia posizione di motociclista impegnato in una Associazione Culturale di motociclisti.

Un paio di anni fa, la nostra associazione ha intrapreso una raccolta fondi per il posizionamento di un Dispositivo Salva Motociclisti in una curva abbastanza pericolosa dove la sua assenza aveva già causato la morte di almeno un motociclista.
L'attività di raccolta ci ha portato a scoprire che i diretti interessati (i motociclisti) ne parlano molto volentieri ma, in prima persona, solo in rari casi sono disposti a metterci del loro. Per contro, siamo venuti in contatto con alcune realtà che da anni si occupano della sicurezza stradale dei motociclisti, notando però un'enorme frammentazione in piccole e piccolissime associazioni e comitati. Un po' come l'Italia dei Comuni di medievale memoria, dove ognuno si occupava del proprio casato, senza avere alcuna voce in capitolo in qualsiasi discorso di più ampio respiro e partecipando attivamente alla divisione tanto cara a chi desidera imperare.

Con alcune di queste realtà abbiamo iniziato a tastare il terreno, cercando di capire se fosse fertile per un'iniziativa comune, collettiva e, come sempre, tutti si sono dimostrati molto disponibili a parlare. Quando si è trattato di iniziare a fare, la musica è cambiata e a contarci eravamo rimasti in pochi.

Da quanto ho capito io, ciò che da più fastidio, riguardo ad un'iniziativa che sia più grande di quelle che ogni piccola realtà riesce a mettere in piedi con le sue forze, è la rinuncia alla sovranità di cui ognuno gode nel suo piccolo.

La mia proposta di creare un Comitato, dove raccogliere tutte le organizzazioni e le persone che credevano nell'ideale, in modo da poterci muovere compattamente, con una sola voce e una grande rappresentanza, è stata cassata perché, mi è stato risposto "la creazione di un Comitato richiede troppa burocrazia". 😳

In realtà, i dirigenti di ogni piccola associazione non intendono cedere nulla dell'enorme potere che credono di esercitare sui loro dieci, cento o anche mille iscritti. E lo dimostra il fatto che circolano documenti di segnalazione ai gestori delle strade di situazioni di pericolo, intestati con una ventina di loghi di associazioni, dove questa selva di loghi appare più importante del messaggio in sé: "Hey! Guarda che là c'è un pericolo e te ne devi occupare. In fretta!".

Ad ogni modo, in pochi, quelli rimasti, abbiamo deciso di provare a far nascere qualcosa partecipando, con una conferenza stampa, ad una grande fiera nazionale del motociclismo: il MBE di Verona.

Peccato che dove ognuno si muove per conto suo, nessuno è responsabile per la comunità, così l'evento non ha sortito gli effetti sperati, perché doveva essere una conferenza stampa ma non c'era nemmeno un giornalista (nessuno ha pensato di assicurarsi che ce ne fosse almeno uno); perché doveva essere trasmessa in streaming almeno sui social, ma non c'era nessuno a trasmetterla (tutti abbiamo pensato che se ne occupasse qualcun altro); perché è stata prenotata una sala enorme, che il pubblico presente ha occupato per un decimo... un ventesimo... (nessuno di noi ha pensato a pubblicizzare l'evento).

Perfino le magliette fatte apposta per l'evento non siamo riusciti a farle fare tutte insieme, così ci sono costate di più.

Effetti della mancanza di coordinamento.

Ognuno di noi ha pensato al proprio intervento, spesso senza curarsi di ciò che avevano da dire gli altri, e la scaletta di interventi, questa sì, predisposta, è stata ignorata da chi si è impossessato per primo del microfono (con effetto domino sugli interventi successivi).

Ferma restando la validità di quasi tutti gli interventi presi uno per uno, a mio modesto parere, ne è risultata una cacofonia di voci e contenuti, spesso infarciti di quell'auto incensazione tipica di chi, appunto, vuole che la sua voce risalti nel coro.

L'unica nota positiva è che a noi motociclisti piace fare strada, perché, almeno in Italia, ne abbiamo ancora molta da fare per capire che uniti si può fare qualcosa per ottenere il miglioramento della sicurezza delle nostre strade, mentre divisi... è meglio che ci dilettiamo a fare sport.