Ricerca nel blog

giovedì 27 dicembre 2018

Panico

Sì. Mi è successo e mi chiedo se sia successo anche a voi.

I fatti molti di voi li conoscono già, li riepilogo per gli altri: il 31 marzo di quest'anno partiamo io e Roz, con Madi, alla volta della Camargue. Guardo bene bene le previsioni e decido di passare dal Colle della Maddalena all'andata e dal Tunnel del Tenda al ritorno. Il buon senso avrebbe suggerito il contrario, in modo da fare la strada più alta al pomeriggio, quand'è più calda ma le previsioni dicono che non farà freddo, quella mattina, sulla Maddalena.

Invece, poi, nella notte è scesa un po' di neve, sopra Vinadio, e le temperature si sono abbassate. Arriviamo in cima alle 9:30 circa, la temperatura è meno cinque e la strada una lastra di ghiaccio. Davanti al Rifugio della Pace decido di fermarmi per prendere tempo o, magari, tornare indietro ma non faccio a tempo a mettere in pratica il proposito che una lastra di ghiaccio mi fa perdere aderenza e con lei il controllo della moto, che si intraversa e, appena la lastra finisce, s'impunta, sbalzandoci violentemente sull'asfalto. Risultato: Roz con una spalla rotta, io un paio di costole incrinate e un polmone collassato, Madi con la fiancata sinistra completamente distrutta.

A parte la spalla di Roz che non tornerà più come prima, niente che non si possa riparare, per carità, ma lo spavento è stato tanto e, per me che guidavo e ho scelto percorso e orario, anche il senso di colpa.

Quest'estate ci abbiamo riprovato ed è andato tutto molto bene: avevo delle remore a riaffrontare la Maddalena, lo ammetto, ma poi è stato semplice.
Tutto passato, vero?

No.

L'altro giorno ero a farmi il giro di Natale, per il quale avevo pianificato solo la partenza, 24 dicembre, e la direzione, sud-ovest; durata e destinazione non facevano parte delle previsioni.
Le temperature erano magnifiche, una primavera anticipata, tanto che decido di tornare passando da Nyons, all'interno, e dalla Maddalena. Ormai non mi fa più paura, penso. Ma non è proprio così: non è mai stato il Colle della Maddalena in sé a spaventarmi ma il ghiaccio che ci avevo trovato.

Secondo Ciuchino, la paura è una reazione razionale ad una situazione sconosciuta.
Nel panico che ho provato io non c'è stato nulla di razionale, anche perché la situazione era ben nota, il rischio riconoscibile e la soluzione semplice: fermarsi. E magari tornare indietro.
Così, il 26, quando arrivo a Barcelonnette diretto a casa, trovo del ghiaccio per terra. Ben visibile, facilmente evitabile ma... la temperatura era già di un solo grado e mentre faccio il pieno realizzo che devo ancora salire di oltre 800 metri!
Ecco. In quel preciso istante ho iniziato a tremare (e non per il freddo), mi è venuta voglia di vomitare, di piangere e, soprattutto, di tornare indietro.

Il panico!

Per proseguire sono dovuto passare sopra la mia volontà del momento, posso dire di essermi imposto il coraggio. Tutto sommato, quella mattina avevo già fatto il tratto da Nyons a Serres, sul ghiaccio, ero sì, intimorito ma... nella norma.
Invece il pensiero di ritrovare il ghiaccio sul Colle della Maddalena non mi dava pace.

Era circa l'una e mezza e Barcelonnette era già in ombra ma appena sono uscito dal paese, si è presentato un timido sole che mi ha accompagnato e ha mantenuto la strada asciutta fino in cima. Mentre salivo, la paura ha lasciato lentamente posto al senso di sicurezza e alla felicità di stare riuscendo a fare ciò che per un momento ho temuto di non saper più fare. Il panico è man mano sparito.

Continuerò ad avere una paura fottuta del ghiaccio, ma spero di aver superato il panico che mi ha assalito in seguito ad un evento che, al di là delle mie responsabilità, classificherei come semplice incidente.

Di sicuro, la prossima volta, basterà molto meno a farmi fermare!


domenica 16 dicembre 2018

Breve storia di Strade da Moto da ripercorrere

- Bellissima, che curve! - lo disse quasi sottovoce, in preda all'emozione - Dobbiamo rifarla!

- Davvero. Una volta sola non si può vedere tutto, scoprire il percorso e apprezzare il panorama.

Entrambi negli occhi avevano ancora la discesa, quei tornanti che non finivano mai. Sembrava loro di sentire l'adrenalina scorrere nelle vene...

- Sai che cosa mi ha ricordato?

- Cosa?

- Il Tonale. Così veloce e pulita...

- Beh sì, ma forse, specie in cima, è più simile all'Iseran, anche se è molto più bassa.

Il suono dei motori rimbombava ancora nelle loro teste: stacca, scala, apri, vai...

- Peccato non fosse proprio pulita: sul brecciolino mi è scappata un paio di volte.

Disse, accarezzandosi il mento.

- Ti ho visto, da dietro. Quasi all'ultimo tornante ti sei giocato un bel jolly, va! Guidi un po' troppo nervoso, devi aprire con più delicatezza!

- Lo so, hai ragione, è nuova per me, mi devo ancora abituare!

Mentre lo diceva un sorrisetto tradiva tutto l'orgoglio per la nuova moto...

- Quel gruppo che ci ha sorpassati, quei tedeschi, secondo me erano un po' pericolosi: hanno tagliato quasi tutte le curve a sinistra!

- Dai, non ti lamentare: vanno più veloci perché sono più bravi. Poi, si vedeva che non era la loro prima volta: la conoscevano bene, ascolta me!

- Però tagliare le curve così...

- Oooh, smettila, taglia tu adesso. Piuttosto, la rifacciamo?

- Adesso?

- Beh no, adesso non possiamo.

- Eh già... dobbiamo fare rifornimento.

- Oscar! Portaci ancora due birre... che quest'inverno dovrà pur finire!

venerdì 7 dicembre 2018

Babbi Natale in moto per Ospedale Infantile Regina Margherita

di Massimo Secchieri
Appuntamento per le 09:00 in sede del 3 Merli sotto Shock, saremo 60 moto tutti vestiti da babbo natale e c’è un clima di festa.
Dopo la foto di rito, si parte verso il Movi (che è il ritrovo generale), attraversiamo una Torino ancora sonnecchiante, raggiungiamo il Movi e una discreta marea rossa ci aspetta. Dopo un’ora la marea assume i contorni dell’invasione, moto su moto e il rosso dei costumi è ovunque.

Il Movi è appena fuori Torino e il freddo si fa sentire. Ci sono moto club da lontano, anche i Bikers Respect con la loro bandiera, dalla lombardia.
Un gruppo suona dal palco e ci sono punti di ristoro che offrono caffè e croissant.
Finalmente ci muoviamo, i 3 Merli sotto Shock si occupano di bloccare le strade e imbocchiamo c.so Unione Sovietica in Torino, la gente ai bordi saluta, applaude, fotografa.
Arriviamo all’Ospedale Mauriziano e io sorrido dentro, sono nato lì.

Sul cavalcavia di c.so Dante i vigili cominciano a scaglionare, noi, arrivati in c.so Massimo d’Azeglio veniamo mandati nel sottopasso e questo rende, alla fine della salita, meraviglioso il colpo d’occhio che si presenta davanti al Regina Margherita. Ci sono così tante moto che parcheggiamo lontano, oltre il museo dell’automobile. Il pensiero va ai bambini ricoverati e se siamo riusciti a strappare almeno un sorriso il nostri cuori sono pieni di gioia.


martedì 27 novembre 2018

Easy Rider, alla Reggia di Venaria

Sarà che in linea di massima mi piacciono le mostre, sarà che in questo caso la location sarebbe di per sé sufficiente ma la mostra Easy Rider mi è piaciuta molto.
È da considerarsi una mostra storica, un riassunto del passato motociclistico, quello composto dall'insieme di vari frammenti presi ognuno dal cuore di qualche motociclista, condito con qualche sorpresa non sempre nota a tutti ma che spesso fa riaffiorare splendidi cimeli sepolti nel giardino dei ricordi.

Con la mostra Easy Rider, la motocicletta è, sì, la protagonista ma soprattutto è il trait d'union tra tutti gli argomenti trattati: arte, estetica, etica, cultura, storia, mito... al punto che il sottotitolo, Il mito della motocicletta come arte, risulta molto riduttivo.

Oltre ad una sala dedicata a un gran numero di foto a tema, nove sale raccolgono e interpretano altrettante declinazioni del concetto motocicletta:
  • Stile, forma e design italiano;
  • Il Giappone e la tecnologia;
  • Mal d’Africa;
  • La velocità;
  • Sì, viaggiare;
  • London Calling;
  • Il Mito americano;
  • Terra, Fango e Libertà;
  • La moto e il cinema.
Non voglio anticipare troppo ma non posso non elencare ciò che mi ha toccato il cuore, come alcuni modelli, tra cui quella che io considero LA moto, la Honda CB 750 Four, oppure l'Africa Twin con cui Roberto Boano è giunto 11° alla Parigi Dakar, la Ducati di Casey Stoner o la MV Agusta di Giacomo Agostini...
Che dire delle italiane, delle giapponesi, delle inglesi e delle americane? Niente. C'è solo da restare estasiati davanti ai modelli esposti e alla chiarezza con cui si possono apprezzare le differenze tra le varie culture alla base delle diverse produzioni, quelle differenze che ci permettono di essere tutti diversi nel nostro sentirci tutti uguali, tutti parte di un mondo fatto di strana meravigliosa gente.
Si sa quanto sia evocativa l'immagine in movimento e chi ha allestito la mostra doveva averlo ben chiaro, così la sala dedicata alla motocicletta nel cinema è stata lasciata per ultima, la più importante. Alcuni tra i più bei film dove la moto è protagonista o co-protagonista risvegliano istinti mai sopiti: il viaggiare, la ricerca della libertà, la solitudine, la condivisione, la corsa verso l'ignoto, la sfida e il rischio.
Peccato per l'inserimento di titoli che solo incidentalmente hanno a che vedere con la moto e praticamente nulla con il suo mondo (gli Aristogatti? Ma allora perché non Mototopo e Autogatto? Va beh...) mentre altri annullano la distanza tra il mito e la storia mescolandoli in modo entropico, lasciando lo spettatore in uno stato in cui il piacere del ricordo, il desiderio di partire e il senso appartenenza si confondono.
E intanto l'anno prossimo Easy Rider, il film, compirà 50 anni e nessuno può affermare che non siano molto ben portati.

Una mostra che consiglio a chiunque nutra un minimo interesse almeno per una tra le seguenti materie: motociclismo, arte, storia, fotografia, mito.

L'unica pecca è nella presentazione dell'evento: la declinazione di un vecchio detto in Quattro ruote trasportano il corpo, due scaldano l‘anima. È tanto brutto e forzato quanto bello e poetico è, invece, l'originale: Four strokes move the body, two strokes move the soul. Che importa se non tutti lo capiscono: nemmeno Mattina di Ungaretti è compreso da tutti. D'altra parte non è sempre obbligatorio.

domenica 11 novembre 2018

The best in show

No. Non ci sono andato.
Lo ammetto, i saloni non mi piacciono. Con SMAU è successa la stessa cosa: per il mestiere che faccio dovrebbe essere un obbligo, per me, ma ormai da trent'anni lo evito come la peste.
L'EIFMA... ops... EICMA, non mi attira più. Se vado in cerca di informazioni circa le novità di un qualsiasi argomento, voglio poter avere qualcuno con cui parlarne, gli spazi per poter apprezzare quanto esposto e, soprattutto, tutta la calma e la tranquillità del caso.
Così non ci sono andato ma... lungi da me l'essermene disinteressato. Devo ammettere che, visto da fuori, l'EICMA è ancora più interessante. Certo, non tocchi con mano ma quello, quando hai individuato ciò che ti interessa, lo puoi fare da un qualsiasi concessionario, avendo a disposizione una persona solitamente preparata che può dirti tutto ciò che vuoi sapere sul quel mezzo (non assunta a tempo determinato per un evento).

Quest'anno è stato particolarmente difficile, per me, individuare una novità in grado di generare un particolare interesse che andasse al di la dello stupore iniziale o dell'estasi generata da modelli irraggiungibili (o comunque non fatti per me) come la Ducati Panigale V4 R o la MV Agusta Brutale 1000. Per me sarebbe come parlare di Charlize Theron e Adriana Lima pensando di parlare di donne. Torniamo alle moto accessibili, utilizzabili (ripeto: almeno per me).
Ducati Panigale V4 R
MV Agusta Brutale 1000
Tra le altre (tutte interessantissime, per carità!) c'erano Yamaha Ténéré 700, Guzzi V85TT, un po' di Morini, Benelli e Aprilia (tanto per rimanere in Italia), KTMHusqvarna e Kavasaki ma... niente che stuzzicasse la mia curiosità. Mi è parso come se le uniche novità fossero i colori, e le sovrabbondanti plastiche.
Yamaha Ténéré 700
Kawasaki Z400
Moto Guzzi V85TT
Una piccola eccezione la farei per un piccolo stand italiano: Energica, che ha presentato Bolid-e, una moto elettrica intrisa di elettronica grazie alla collaborazione con Samsung. Non mi piace la coda tagliata ma forse è ancora presto per pensarci come a un'eventualità.

Bolid-e di Energica

Ho deciso, allora, di guardare ad un settore troppo spesso dimenticato: quello della seconda moto, non quella per i lunghi viaggi o che si acquista dopo molti sacrifici per coronare un sogno ma quella che non compreresti mai come prima moto però in grado di dare grandi soddisfazioni e divertimento.

Honda CB500X
So che qualcuno sta già pensando a Himalayan, di Royal Enfield... ebbene no. Per quanto sia certamente ammirevole, la mia attenzione è caduta su un'altra moto: Honda CB500X.

Sarà una sigla evocativa come CB, sarà la certezza offerta da un marchio come Honda, la nuova CB500X mi ha incuriosito molto, così mi sono informato, scoprendo una moto adatta alla strada come all'off-road, versatile e abbastanza potente da garantire un buon divertimento.

Ecco, per me è questa la best in show 2018. Per me.

CB: la potenza di una sigla

La prima, più famosa, è la Honda CB750, oggi un vero e proprio mito. Poi sono seguite tante, tantissime CB, in tutte le categorie e con molte declinazioni. Io stesso sono stato il felicissimo proprietario di una magnifica CBX550F rossa.

Ma che cosa significa CB?

Se lo sono chiesti in tanti e qualcuno ha osato delle ipotesi, tra le quali vi riporto: City Bike, Cross Beam, Citizen's Bike e anche il giapponese Chokusetsu Baiku (Moto personale). Niente di tutto questo.

CB è semplicemente la sigla immediatamente successiva a CA, utilizzata per modelli ormai introvabili come la CA71, che a sua volta aveva fatto seguito ai modelli indicati con la sola lettera C, come la C100 Super Cub.

Arrivati allo studio della 750, la prima ad essere indicata con il prefisso CB, la sequenza di sigle si è fermata, di fronte al successo ottenuto da quel magnifico modello, anch'esso quasi senza tempo.


Honda C100 Super Cub

Honda CA71

Honda CB750

giovedì 25 ottobre 2018

La lezione di Barbara

Siamo un gruppo che condivide una passione, anzi, diverse passioni: quella per le due ruote, per i viaggi, per i motori... non ce ne separeremmo mai.
Talvolta si presenta l'imprevisto, quello che ci costringe a saltare un giro, magari a soprassedere per un po', o addirittura a lasciare perdere: un problema, un infortunio, una malattia... il semplice invecchiamento.

Poi c'è chi ti da una lezione di vita, che ti fa capire che se viene dopo qualcos'altro allora o non era la tua passione o non eri abbastanza appassionato.
Ieri sera mi sono virtualmente imbattuto in Barbara ed è stata lei a ricordarmi, a modo suo, questa semplice regola.

Parlando della sua storia sarebbe facile scadere nel pietismo ma la mia intenzione è proprio quella opposta, voglio presentarvi una persona con due attributi così e ve la voglio presentare perché possa portare a voi, come ha portato a me, una sferzata di energia, di voglia di vivere sempre la propria passione con entusiasmo.

Quindi, con il suo permesso, mi limiterò a riportare alcuni passi dei pochi messaggi che ci siamo scambiati e metto a disposizione il materiale che mi ha inviato relativamente al suo viaggio in Irlanda e Normandia, sperando che presto possa diventare una redattrice degli itinerari di Strade da Moto e che possa raccontarci altre storie.
Buona sera. Buonanotte oramai. 😂
Io desidererei condividere con voi la mia esperienza. Non sono una biker, anche se desidererei molto esserlo acquistando una moto tutta per me. Per ora viaggio come zavorrina insieme a una persona. La mia esperienza è particolare. Un paio di mesi fa ho fatto un giro in Irlanda... tra una chemio e l'altra.
Partita da Vicenza in moto, in totale circa 8000 km in 17 giorni. Tra una chemio e l'altra.
Vi allego un paio di video e se qualcuno ha necessità posso dare indicazioni del percorso fatto, traghetti e quanto può servire per aiutare qualche motociclista a visitare l'Irlanda e la Normandia, che abbiamo attraversato al ritorno.
Quella ripetizione, certamente non voluta tra una chemio e l'altra mi ha colpito come ha colpito di certo anche voi che, come me, vi siete trovati a mettere in dubbio un giro perché magari poi fa freddo.
Le ho detto che il materiale è interessante e non sono riuscito a far altro che esprimermi per mezzo di qualche banalità come il fatto che le cose più importanti fossero la sua salute e il suo benessere, banalità liquidate con una riga, seguita dall'ulteriore conferma della sua voglia di fare:
Io sto combattendo e ne sto venendo fuori. 💪
Di foto ne ho altre e mi sono già registrata nel sito. Se riesco recupero il percorso fatto, così da essere utile a tutti voi.
Grazieeee siete una grande famiglia.
Saluti e spero di incontrarvi presto uno a uno.
Grazie a te, Barbara e spero di incontrarti presto.



Le mappe GPX

L'andata
La traversata
L'Irlanda
Il ritorno